La stabilizzazione del fronte lungo la Linea Gotica e l’arrivo dell’inverno aprirono una nuova fase contro le formazioni partigiane, che si protrarrà fino alla vigilia della Liberazione nell’aprile del 1945.Rinunciando al controllo totale del territorio, le truppe tedesche si affidarono sempre più ai rastrellamenti e alle puntate per tenere libere dai partigiani le principali vie di comunicazione rappresentate nel parmense dalla SS n.62 della Cisa e dalla linea ferroviaria Parma-La Spezia. Compirono anche diverse azioni militari contro centri abitati o frazioni di montagna dove avevano sede i comandi partigiani. Con esse proseguirono gli eccidi e le stragi contro partigiani e montanari per tutto il periodo agosto 1944-aprile 1945, incidendo profondamente nel movimento resistenziale parmense. Rispetto ai mesi estivi, questi sono i mesi delle stragi di partigiani e di renitenti alla leva; delle rappresaglie come risposta sistematica alle azioni partigiane, spesso svincolate dal territorio in cui sono avvenute. In molti casi infatti le vittime furono prelevate dalle carceri o dalla sede della Brigata Nera a Parma e trasferite sul luogo della fucilazione, spesso il medesimo in cui era avvenuto l’attacco partigiano. 54 furono le fucilazioni, 17 contro partigiani e 34 contro renitenti alla leva (molti in procinto di entrare nelle formazioni antifasciste), che provocarono la morte di 155 persone: 14 furono compiute da fascisti, 24 da militari tedeschi, 5 da plotoni d’esecuzione misti, mentre per 11 mancano informazioni. La maggior parte degli eccidi e delle stragi avvenne nei territori delle valli del Taro e del Ceno e in quelli delle valli del Parma e dell’Enza, mentre altre vennero compiute nella valle del Baganza e nei centri abitati della collina (Noceto, Medesano e Salsomaggiore) e della pianura; nella città dopo l’estate il loro numero diminuì.
L’inverno partigiano dovette inoltre fare i conti con un secondo grande rastrellamento che investì gran parte dell’Appennino parmense, provocando vittime tra i contadini e tra i combattenti. Gran parte delle fucilazioni avvennero per rappresaglia. A partire dal 2 gennaio truppe tedesche, affiancate da reparti italiani (Divisione “Monterosa”) attuarono un massiccio rastrellamento nelle valli del Taro e del Ceno, mettendo a dura prova la resistenza partigiana. Molti furono i partigiani che caddero in battaglia o fucilati dopo la cattura.
Gli eccidi proseguirono anche in pianura. Ad Alberi di Vigatto, a pochi chilometri da Parma, il 20 gennaio cinque partigiani prelevati dalle carceri locali furono fucilati per rappresaglia in seguito ad “un presunto e mai provato attacco ad un militare tedesco”. I loro corpi furono lasciati a lungo nella neve che copriva i campi prima che qualcuno, sfidando gli ordini dei tedeschi, ne desse sepoltura. Sul finire della guerra ripresero anche gli eccidi di partigiani compiuti dai reparti della RSI, ma si era ormai alla fine e la caccia al partigiano serviva solo a mietere vittime e inasprire inutilmente lo scontro tra fascisti e antifascisti.